Sponsorizzazioni, bocciata la contestazione del Fisco fondata su incongruità o antieconomicità

Secondo la Cassazione se vengono rispettati i requisiti della normativa per le erogazioni allo sport dilettantistico scatta una presunzione assoluta

Non è consentita la contestazione della incongruità o dell’antieconomicità del costo sostenuto da una impresa, dal momento che nel campo delle sponsorizzazioni è improponibile, se non impossibile, individuare l’ammontare “congruo” di una sponsorizzazione; è quanto affermato dall’ordinanza della Cassazione n. 20900, del 26 luglio 2024.

Il contenzioso tributario vede contrapposti una Srl e l’agenzia delle Entrate; quest’ultima aveva emesso un avviso di accertamento, per imposte dirette e Iva, in relazione al 2009, con il quale erano stati effettuati vari recuperi d’imposta, tra i quali i costi di pubblicità, versati in favore di alcune associazioni sportive e ritenuti non inerenti e congrui.

La Srl è ricorsa in Cassazione dopo che la Ctr aveva accolto l’appello delle Entrate.

La Cassazione accoglie il ricorso della Srl: i giudici di legittimità, nell’analizzare le motivazioni di ricorso, ricordano quando prevede l’articolo 90, comma 8, della legge 289/2002: il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante – fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200mila euro – spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario, ai sensi dell’articolo 74, comma 2, del Tuir.

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, al quale la Cassazione intende dare continuità, la norma ha introdotto, a favore del “soggetto erogante” il corrispettivo (nel caso in esame la Srl), una presunzione legale assoluta circa la natura pubblicitaria (e non di rappresentanza) delle spese di sponsorizzazione, a condizione che:

a) il soggetto sponsorizzato sia una compagine sportiva dilettantistica;

b) sia rispettato il limite quantitativo di spesa;

c) la sponsorizzazione miri a promuovere l’immagine ed i prodotti dello sponsor;

d) il soggetto sponsorizzato abbia effettivamente posto in essere una specifica attività promozionale, senza che rilevino requisiti ulteriori.

In sostanza, osservano i giudici di legittimità, non si può negare lo scomputo dei costi di sponsorizzazione sulla base di una asserita assenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, atteso che una tale soluzione non si porrebbe neppure in linea con la stessa nozione di inerenza, come delineatasi nel tempo, che è di natura qualitativa e non quantitativa e non è, dunque, più basata sulla necessaria riconducibilità dell’onere alla percezione di ricavi da parte dell’impresa che sostiene il costo.

Per la Cassazione sussiste una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese o associazioni sportive dilettantistiche, laddove risultino soddisfatti i requisiti sopra indicati, ossia che i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante e sia riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima, essendo in tal caso integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor.

Cit. Sole24ore

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